domenica 4 maggio 2014

Dal diario di Frank Iodice: 3 maggio 2014

3 maggio – Los pájaros perdidos

Cara Redazione Lupo e cari lettori, stamattina vi scrivo da Colonia del Sacramento, un paesino pittoresco dal quale partono i traghetti per Buenos Aires; se la macchina fotografica compatta che mi ero procurato non fosse morta per cause naturali e non stessi imprecando contro me stesso allo specchio da almeno un'ora perché non ho portato con me la reflex che adesso dovrebbe essere in Francia, ad Antibes, a casa di mio fratello se non mi sbaglio, vi manderei anche una foto. Sto andando a cercare un caricabatteria: se lo trovo, vi manderò qualche foto oggi pomeriggio. Nel frattempo, ne approfitto per raccontarvi una cosa.
Prima stavo ripensando alle lenzuola pulite di casa mia e al caffè caldo insieme alla mia Anisetta, sul nostro divano da giardino con il quale abbiamo arredato la sala del modesto bilocale preso in affitto insieme un anno e mezzo fa. Questi pensieri sdolcinati mi vengono in mente sempre quando sono in un letto scomodo o quando bevo un caffè schifoso che sa di scarico della toilette, ma, come diceva sempre mia nonna, quando non hai con chi andare a letto ci vai con l'asina. Credo che, per la nonna, l'asina rappresentasse il prototipo di donna brutta, se immagino una fidanzata asina per esempio, con le orecchie grandi e i peli dappertutto, ma anche la metafora per una situazione difficile nella quale devi trovare sempre il lato positivo. In ogni proverbio, alla fine, ognuno può trovarci quello che gli pare, basta un po' di fantasia e magari un caffè migliore di questo che ho davanti e che non riuscirò a finire neanche se lo riempio di zucchero e cannella: la cannella è ottima per prevenire il diabete.
A farmi ritrovare il buon umore, come sempre, è stata la mia Anisetta, che – come vi ho già detto – non si chiama proprio Anisetta, ma in queste note ho deciso di chiamarla così, come la protagonista di uno dei miei romanzi; lei mi telefona sempre verso le sette, al massimo alle sette e mezza – ora locale – per verificare che io non abbia trascorso la notte nel letto di un'altra Anisetta, oppure per darmi il buongiorno prima di chiunque altro e non interrompere un'abitudine acquistata durante la convivenza nel nostro bilocale che affaccia sul campo di bocce di place Arson, a Nizza, dove organizzano i tornei degli ultra-sessantenni cui non puoi partecipare se sei under-sessantenne. Ogni volta che mi affaccio, mi viene voglia di essere ultra-sessantenne e diventare un campione di bocce: hanno persino la calamita recupera-boccia attaccata a una catenella che assomiglia a un antico orologio da taschino e che serve a non abbassarsi dopo ogni giocata!
Aspetta che mi alzo, ho detto alla mia dolce Anisetta, non vorrei svegliare la mia fidanzata uruguaiana. Bene, fai piano allora, perché quando torni a letto la troverai stecchita la tua fidanzata uruguaiana!, lei è consapevole di quello che sta rischiando, vero?
Ecco, più o meno le nostre conversazioni sono sempre così, ci prendiamo in giro per tutto il tempo, smettiamo soltanto per fare altre cose che non si possono raccontare in queste caste note di viaggio altrimenti l'editore non me le pubblicherebbe; ma mi piace – mentre cerco di distendere un po' la schiena per rimediare a queste notti orrende sui disastrati letti sudamericani – ricordare le mie conversazioni con Anisetta. Oppure le nostre lettere d'addio. Quando esco, per esempio, le lascio sempre una lettera di addio, a volte soltanto un messaggino di addio, ma sempre dello stesso genere, e lei fa lo stesso, ci divertiamo come matti a scrivere cose di questo genere: mia adorata, questa volta è vero, non piangere ti prego, ma non poteva continuare così!, oggi partirò, andrò lontano, verso il nord con la prima corriera, no, non cercare di fermarmi, sarebbe troppo triste e renderesti le cose ancora più difficili, oh, amore mio, addio, addio per sempre!
A proposito, quasi dimenticavo la ragione per la quale avevo incominciato a scrivere questa nota: stamattina ho ricevuto anche un'altra telefonata, dopo il consueto controllo coniugale, una telefonata in cui grosso modo mi annunciavano che il testo del nostro saggio sulla felicità è stato registrato presso la biblioteca nazionale e adesso ha anche un codice ISBN, per cui mi toccherà fare di nuovo un salto a Montevideo prima di ripartire definitivamente per Buenos Aires. Mentre l'impiegato della biblioteca mi comunicava che la documentazione era pronta per essere ritirata, si sentivano le note di Pájaros perdidos, musica di Astor Piazzolla, parole di Mario Trejo: 

Vuelven de nuevo los recuerdos, las horas jóvenes que dí,
y desde el mar llega un fantasma hecho de cosas que perdí...

A me, comunque, ha fatto più piacere la prima telefonata...



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