giovedì 24 ottobre 2013

L'ARTE DELLE PRESENTAZIONI


Fausto Romano, autore del libro GRAZIE PER AVER VIAGGIATO CON NOI (Lupo Editore), scrive sulla nostra agenda.


Egregio Editore,

diciamoci le cose come stanno, con sincerità: le presentazioni dei libri sono pallosissime! La gente fa di tutto per non andarci, finge infarti, ascessi, si buca le ruote della sua auto. E poi, più i libri sono corti, più lunghe sono le presentazioni. C’è un mio amico che ha battuto al registratore di cassa uno scontrino fiscale, ancora lo sta presentando. Ma, ahimè, questo tipo di presentazioni continua a esistere, sussistere, insistere e mai desiste. E... povero pubblico!
La colpa, da una parte, è degli scrittori. Perché, non ce lo nascondiamo, ci sono degli autori che scrivono libri solo per fare le presentazioni e, durante queste, nei loro completi grigio topo, si pavoneggiano, godono, offrono la loro cultura: “io penso”; “io credo”; “io sono convinto”. E via con la lettura dei brani della loro opera d’arte. Brani letti sempre da gente che non sa leggere e s’incespica con le parole.
E poi c’è l’importantissima e nobilissima categoria dei RELATORI. Che per laurearti in “Relatoria” ti mettono davanti a una platea di mille persone: se riesci a farle addormentare tutte, ti laurei con 110 e lode. Relatori che a loro volta si suddividono in altre categorie. Ma questo ve lo risparmio.
Insomma, quando il mio editore, il buon Cosimo Lupo, mi disse che dovevo presentare il mio libro in giro per il mondo, pensai subito a mia nonna. Strano? No, io penso sempre a mia nonna quando devo fare le cose. Penso a come non annoiarla, a come farla divertire e riflettere nello stesso tempo. Così ho scritto un vero e proprio spettacolo sull’arte delle presentazioni nel quale parlo, è naturale, anche del mio libro.
Ah, s’intitola GRAZIE PER AVER VIAGGIATO CON NOI. Ma nelle mie presentazioni non dico quasi nulla: leggo solamente le primissime righe. Stop. Perché la bellezza – e la fortuna – di aver scritto un libro è nell’affidarlo al lettore. Tu non devi fare nient’altro, sarà il lettore a completarlo con la sua immaginazione.
Quindi, Egregio Editore, questo è il mio consiglio per tanti cari scrittori: non leggete tutto il vostro libro; è come iniziare a fare l’amore rivestendosi. E poi si sa che quelli importanti non le hanno fatte le presentazioni, ma hanno suscitato la curiosità del pubblico: guardate Dio con la Bibbia. Quale incipit migliore di: In principio Dio creò il cielo e la terra.
Poi se uno vuole sapere com’è andata a finire, beh... si compra il libro!

Fausto Romano

martedì 22 ottobre 2013

La nuova vita del romanzo filosofico? Intervista ad Ada Fiore, autrice di Vota Socrate.

Nei mesi concitati degli avvicendamenti politici su scala nazionale e locale, in questa fase di profondo rinnovamento degli spazi e dei linguaggi dello scontro elettorale, anche l’editoria italiana è alle prese con una funambolica attività redazionale per lanciare sul mercato prodotti che aiutino a comprendere, leggere e districarsi in questo frangente così concitato della nostra vita pubblica. Tuttavia tra le curiosità che popolano gli scaffali delle librerie nostrane, è uscito nel giugno scorso, per conto di Lupo Editore, un singolare esperimento letterario che si pone a metà strada tra la divulgazione filosofica e l’ars politica. Il libro si intitola Vota Socrate e costituisce la prima fatica di Ada Fiore, docente di filosofia, e, non a caso, sindaco di Corigliano d’Otranto, piccolo comune della Grecia Salentina, noto alle cronache italiane e internazionali come il Comune più filosofico d’Italia.


Il libro favoleggia un incontro/scontro tra Titani alle porte del Paradiso: Socrate, tra i maggiori pensatori della tradizione classica greca, e San Pietro, esponente di spicco della cristianità radicale e primo vicario di Cristo, si trovano, loro malgrado, a discorrere di vizi privati e pubbliche virtù davanti a un mondo contemporaneo che sembra sempre più destinato alla deriva. Il dialogo appassionante che li coinvolge sembra prospettare davvero, per la prima volta, una soluzione ai tanti problemi che attanagliano la nostra società.
Ne parliamo con l’autrice, Ada Fiore, a pochi mesi dall’uscita nelle librerie italiane.


D: Ada Fiore, ci permetta, tanto per rompere il ghiaccio, una domanda provocatoria. Lei è notoriamente un sindaco di centro-sinistra: cos’è, il suo partito ha esaurito tutti i candidati possibili e adesso lei se n’è inventato uno nuovo, recuperandolo dal passato?
R: La necessità è proprio trovare qualcuno che dica e soprattutto faccia “qualcosa di sinistra”.

D: A parte gli scherzi. Con Vota Socrate lei pare invitare la società a tornare ai valori originari della politica. Crede che oggi questo passo sia necessario?
R: La politica dovrebbe recuperare la sua missione fondamentale e cioè elaborare una visione del mondo in grado di affrontare le vere sfide di questi tempi, e invece  oggi si accontenta di vivere alla giornata, inseguendo lo spot elettorale in grado di far aumentare il sondaggio commissionato

D: Perché Vota Socrate
R: Perché c’è bisogno di una vera rivoluzione delle coscienze. Non ci si può accontentare di vivere assecondando e giustificando atteggiamenti “ignobili”. Abbiamo bisogno di una sorta di catarsi dei nostri comportamenti , delle nostre abitudini, dei nostri stili di vita, dei nostri pensieri. Voto Socrate per avviare una campagna elettorale che mi piace definire ethos-compatibile.

D: A dispetto del titolo, però, il suo non è un libro che parla solo di politica. Anzi, la figura di Socrate le permette di discorrere di filosofia che è la sua attività principale...
R: La filosofia è il mezzo da utilizzare per avviare la rivoluzione. È l’arma privilegiata per colpire l’animo umano. Ed essere colpiti dalla filosofia è la sensazione più bella che si possa vivere perché ti consente di acquisire strumenti importanti oramai dismessi dalla società del conformismo e della massificazione.

D: A chi è rivolto, allora, questo testo? Per chi lo ha pensato e qual è l’intento che sta alla base? Ci racconti la genesi di quest’opera.
R: Il testo non ha un destinatario privilegiato. In realtà è stato pensato per sfatare alcuni miti. In primo luogo quello che la filosofia debba vivere chiusa “nelle torri d’avorio”; in secondo luogo che sia una disciplina difficile; e infine che non serva a nulla. Utilizzando invece  un linguaggio semplice e comunicativo, inserendo il testo filosofico all’interno del dialogo e soprattutto contestualizzando i principi, la filosofia diventa, nel libro, una scienza alla portata di tutti.

D: Quale ruolo attribuisce alla filosofia nella società odierna? Crede che il pensiero possa occupare ancora un posto privilegiato in una contemporaneità che non concede soste per riflettere?
R: Il non pensare è il segreto per consentire agli altri di comandare sulla vita di ciascuno di noi. Comandare proprio nel senso di indirizzare i nostri bisogni, i nostri valori verso ciò che non siamo. E allora la sfida deve partire da ciascuno di noi: rottamiamo ciò che siamo stati per costruire una nuova umanità.

D: Entriamo nelle pagine del libro. Lei ha immaginato uno scenario molto fantasioso: Socrate, 2400 anni dopo la morte, non è ancora riuscito a varcare i cancelli del Paradiso per un disguido, per così dire, tecnico. A un tratto incontra niente meno che San Pietro, con il quale inizia a dialogare. Da dove è nata l’idea di questa ambientazione?
R: Era l’unica che mi consentiva di immaginare una riflessione sul presente “guardando dall’alto”, con un certo distacco.

D: Ha scelto un interlocutore non da poco. Perché proprio San Pietro?
R: A San Pietro  è stato affidato un compito importante, quello di edificare una vera Chiesa. E la Chiesa in questi ultimi anni non mi sembra abbia adempiuto ai suoi doveri e in parte la si può considerare complice nella distruzione di riferimenti chiari e forti.

D: Una delle questioni più controverse presentate nel libro è il ruolo della cristianità nel mondo...
R: L’ammissione degli errori commessi nel corso dei secoli da parte di Giovanni Paolo II è la prova lampante delle responsabilità oggettive della Chiesa. Ma papa Francesco ha riacceso in ciascuno di noi il sentimento ancora più forte in grado di cambiare le cose: l’amore. Verso gli altri e verso tutto ciò che ci circonda. 

D: Quali sono, brevemente, le altre questioni che ha voluto mettere in risalto? Attenzione a non svelare troppo!
R: Ce n’è per tutti: dalla scarsa organizzazione scolastica al ruolo della televisione, dalla presunzione del sapere all’educazione dei nostri giovani. Insomma uno smascheramento a 360 gradi dei mali di questa società.

D: Parliamo di un’altra scelta molto interessante, quella di utilizzare inserti dei testi originali classici, che ha inglobato nella narrazione...
R: È uno degli elementi che aiuta il lettore a comprendere quanto sia facile, bello e interessante appassionarsi alla lettura di un testo filosofico. E mi sembra che l’operazione sia riuscita se è vero che nel mio paese lo hanno letto  persone “normali”: dalla commessa del supermercato al carrozziere.

D: Un romanzo breve, quindi, per avvicinare i lettori, piccoli e grandi allo studio e all’amore per la filosofia. Sembra tanto che Socrate non debba rimanere l’unico filosofo a essere scomodato dalla sua penna..
R: Ci sono tanti filosofi che si prestano a essere attualizzati e che possono essere d’aiuto nella comprensione della retta via da perseguire. Vedremo.

D: Che spazio, occupa, secondo lei, la filosofia nelle biblioteche dei lettori? C’è ancora spazio per la divulgazione filosofica nelle librerie?
R: Ancora poco. C’è ancora scetticismo. Ma la rivoluzione è appena iniziata. Sono fiduciosa.

D: Non la disturbiamo oltre e la ringraziamo per la bella chiacchierata. Per congedarci le chiediamo di leggerci un passo del libro al quale è affezionata...
R: Facciamo così. Il passo più bello lo scelgono i lettori... a me piacciono tutti!


(L’intervista è a cura di Matteo Sabato)



giovedì 17 ottobre 2013

La valutazione degli inediti. Ovvero di quando bisognerebbe tenere chiusi i cassetti ancora un po’.


Nel settembre del 2013 è uscito in libreria, per conto dell’editrice Laterza, un divertentissimo, e quanto mai veritiero, testo sulla scrittura e il complicato mondo dell’editoria italiana. Ciò che più colpisce, però, di questo libro è il titolo assai sconfortante e di certo poco incoraggiante per gli aspiranti scrittori – e sono tantissimi nel Belpaese – che hanno, tra le mani o nel cassetto, quella che per loro è la storia più bella che sia mai stata scritta. E così vorresti fare lo scrittore (non un punto interrogativo a dare segno di una parvenza di retorica) è, appunto, una disquisizione in chiave semiseria sullo stato dell’editoria in Italia e sulla condizione – che non mi permetto di qualificare in alcun modo – degli scrittori nostrani.
Autore è il torinese Giuseppe Culicchia, classe 1965, scrittore (o come dice nel suo libro, il Solito Stronzo) e traduttore italiano dalla verve pungente e dissacratoria, che illustra, con tanto di riferimenti alla sua esperienza, i diversi passaggi che portano il “libro nel cassetto” nelle case (o nei cestini) di migliaia – o decine – di lettori.
Lo dico senza riserve: questo libro è fortemente sconsigliato a quanti rientrano nella categoria menzionata all’inizio di questo post. O forse – per dare un’ultima chance alla mia onestà intellettuale – dovrei dire che è il caso che lo leggano. Non me ne vogliano i numerosi psichiatri, psicanalisti o terapeuti, se, con questa avvertenza, sottrarrò loro un po’ di pazienti; ma non me la sento proprio di essere omertoso complice della deriva esistenziale di quanti credono che il libro che hanno nel cassetto prima o poi diventerà un best-seller, che metterà in ombra i fasti di Calvino e compagnia bella: oggi scrivere un libro, in Italia o nel resto del Mondo non fa differenza, oltre che essere un esercizio inflazionato, è anche molto frustrante.
Bene, se a questo punto non avete abbandonato la lettura del post e siete curiosi di sapere come andrà a finire, allora fate parte della schiera di scrittori, o aspiranti tali, davvero convinti, che non si fermano davanti alle prime difficoltà. In questo caso meritate una rassicurazione. Perché, in fondo, sappiatelo, scrivere è anche una bellissima esperienza e di storie belle le case editrici sono continuamente alla ricerca. È anche vero che nel nostro Paese i tassi di lettura sono paurosamente inferiori alla media europea, i libri si vendono poco e gli italiani sono, a quanto pare, un popolo di scrittori ma non di lettori. Proprio per questo è bene arrivare preparati a questa sfida ed essere coscienti di alcune cose, nel momento in cui vi accingete a comporre la vostra fatica letteraria o l’avete appena conclusa.

La prima questione che si presenta agli occhi dell’autore di un testo (narrativo, poetico, saggistico o di qualsiasi altro tipo) è sempre lo stesso: e ora che me ne faccio?
In questo caso, se siete davvero convinti che il vostro scritto sia bell’e concluso (ho scritto bello – siatene davvero certi!), le possibilità davanti a voi sono due: inviarlo a una casa editrice oppure a un’agenzia letteraria. Molti editori, soprattutto i medio-piccoli, si dedicano personalmente alla selezione dei manoscritti attraverso l’opera dei comitati di lettura e degli editor; altre case editrici, soprattutto i grandi nomi, si affidano invece alle agenzie letterarie, cioè a imprese create con lo scopo di fornire assistenza agli scrittori attraverso tutta una serie di servizi che vanno dalla valutazione del manoscritto all’editing fino all’impegno di rappresentare l’autore (i grandi editori, in questo caso, selezionano manoscritti che sono consigliati dalle agenzie). Non ci soffermiamo adesso sul valore di queste due possibilità, perché non compete a questo post, ma al lettore basti sapere che molto spesso le agenzie, a fronte di una cura dedicata (e anche qui bisogna stare attenti a evitare gli sciacallaggi), chiedono cifre molto alte per il loro servizio, mentre una casa editrice non chiede alcun compenso per la lettura di un manoscritto, sebbene il prezzo da pagare sia un’attesa lunga.
A questo proposito sfatiamo un falso mito: non è vero che le case editrici non leggono tutti i manoscritti che ricevono. O almeno non tutte, e questo dipende molto da alcune condizioni. Personalmente ci dedichiamo alla lettura di ogni manoscritto che ci capiti sotto mano; e proviamo a farlo anche quando questo muove fin dalle prime pagine un’imbarazzante e indegna retorica misogina nella quale ogni donna italiana viene apostrofata nelle maniere più becere (non stiamo inventando, ci è successo per davvero). Se il dattiloscritto non rientra in quest’ultima tipologia, allora sappiate che i consulenti editoriali si dedicheranno con cura e dedizione alla lettura del vostro capolavoro. E questo avviene anche nel caso in cui voi abbiate dimenticato di allegare una sinossi che presenti la vostra opera: molte case editrici la richiedono esplicitamente ed è un modo per fare una prima scrematura. Dinanzi a un’offerta così ipertrofica, gli editori hanno già in mente verso quali segmenti del mercato rivolgere la loro attenzione e di quali storie sono alla ricerca; in questo caso la sinossi può servire al caso ed evitare la lettura di una storia che in quel momento non rientra nel loro piano di lavoro.
Al di là di quello che si sente spesso dire in giro – e le voci vengono fatte circolare spesso da quanti hanno ricevuto una bocciatura – gli editori (e soprattutto i consulenti editoriali) vivono costantemente con il sogno di avere sotto mano il libro più bello che abbiano mai letto: non è solo una questione di mercato, è anche espressione di una sensibilità e di una passione che connotano chi fa questo mestiere. Basti pensare che allo scouting, al reperimento cioè di nuovi autori, è dedicato anche un festival. La Scuola Holden (la scuola di scrittura nata dal genio di Alessandro Baricco), infatti, ogni anno promuove un concorso per esordienti under 40 con lo scopo, non solo, di scoprire nuovi talenti, ma anche di farli confrontare con gli editor di grandi case editrici e di farli conoscere al pubblico.
In ogni caso, se il vostro dattiloscritto sarà giunto sulla scrivania di un editor; se questi l’avrà letto e ne sarà stato colpito piacevolmente; se questi, ancora, avrà deciso che il vostro testo merita di essere pubblicato; allora statene certi che lotterà strenuamente per convincere anche l’editore di questa opportunità (l’ultima parola spetta anche a lui) e per voi si apriranno le porte della libreria. E, come dice Giuseppe Culicchia, inizierà anche il tempo dell’ansia da vendita.
Noi intanto vi diamo due o tre consigli per avventurarvi in questo mondo:
  1. Avete appena finito di scrivere la vostra storia. L’avete riletta almeno dieci volte alla ricerca di refusi, errori e orrori ortografici-sintattici-lessicali, stonature e quant’altro? Se sì, allora potete aprire il cassetto e riporre il vostro manoscritto. Lasciatelo lì a sedimentare per almeno sei mesi. Dategli cioè il tempo di abbandonare il controllo totale della vostra mente; dimenticatelo perché possiate essere alla stregua di un lettore ipotetico e avere così il giusto distacco per valutare in maniera critica quello che avete scritto. È un ottimo esercizio che vi consigliamo di fare. Che vi consigliamo vivamente di fare, visto che ogni giorno leggiamo testi che sembrano scritti nel lasso di un’ora, senza un minimo di revisione e buttati in pasto alle nostre fauci affamate senza un minimo di attenzione. Quelli delle Edizioni Trabant, in proposito, ci hanno fatto un post sul loro blog dal titolo eloquente: Manoscritti inediti: non ci siamo (il post è consultabile a questo indirizzo http://www.edizionitrabant.it/ilrefuso/manoscritti-inediti-non-ci-siamo/);
  2. Se sono passati i canonici sei mesi, allora aprite il cassetto e riprendete in mano il vostro testo. Potrebbe apparirvi lontano da voi, potreste non riconoscervi in quello che avete scritto e sentire che tante cose non funzionano. Non vi scoraggiate: adesso sapete su cosa lavorare, avete coscienza di cosa bisogna migliorare e potete dedicarvi a questa limatura con la mente fresca e una maggiore attenzione. È una cosa positivissima, per cui apprezzatela. Se invece il vostro scritto vi appare ancora bello e, secondo voi, “funziona”, allora è proprio il momento di metterlo alla prova (un’altra veloce ripassatina non sarebbe comunque male);
  3. Quando il vostro testo è compiuto e reso presentabile (non diciamo un’impaginazione pronta per essere già in libreria, ma quantomeno un certo rigore nell’impostazione delle pagine perché possano essere leggibili e decorose), a voi la scelta di affidarlo a un’agenzia letteraria o a un editore: in entrambi i casi vi consigliamo di accompagnare il testo con una vostra lettera di presentazione, in cui inserirete una breve biografia, e soprattutto con una sinossi, cioè con un breve testo – non più di una cartella dattiloscritta – che presenti la vostra opera, ne illustri per sommi capi la trama, individuando punti di forza e originalità;
  4. quando infine avete mandato il tutto, non vi resta che aspettare e dedicarvi alle vostre vite perché i tempi sono abbastanza lunghi (da tre a sei mesi almeno, a seconda della casa editrice) e, come avvisano chiaramente alcuni editori, spesso non riceverete nemmeno una risposta, se il vostro testo non ha superato l’esame.

Nel frattempo, piuttosto, potreste godervi quel tempo di grazia che è lo stato di chi è ancora nell’anonimato. Scrive Culicchia nel suo libro: «Fino a quando resti inedito, proprio in quanto inedito godi in realtà di un grande privilegio, che poi, una volta raggiunto il traguardo va da sé agognato della pubblicazione, non avrà mai più. Il privilegio di scrivere per così dire nel vuoto. Tranne te stesso, e in seguito magari pochi amici o familiari, nessuno ti ha ancora letto. E neppure criticato».
E mentre vi godete questo momento, magari potreste leggere. Tanto, tantissimo.

Matteo Sabato



lunedì 14 ottobre 2013

LEGGASI CON ATTENZIONE (per evitare spiacevoli malintesi)


Nell'enorme cumulo di mail e di lettere che quotidianamente giungono in redazione, ciò che stimola maggiormente la nostra curiosità e il nostro divertimento è l’enorme varietà di formule di saluto, con le quali, chi ci scrive, introduce le sue parole. Si va dal più confidenziale Caro al più formale Spettabile; tra tutti, l'Egregio, spesso usato con un pizzico d'ironia, ci ha fornito l'idea di dar vita a Egregio Editore, l'agenda culturale della Lupo Editore.

Questa piazza virtuale, nata in particolare per riflettere sulla scrittura e sull'editoria e per fornire agli scrittori – presenti e futuri – suggerimenti sul complesso lavoro che hanno scelto di intraprendere, accoglierà dispense virtuali, riflessioni, recensioni, interviste, opinioni sui temi caldi dell’editoria, sulle fiere e sui premi letterari, e su molto altro ancora.
Inoltre, nella pagina Lettera aperta l'editore Lupo lancerà settimanalmente delle provocazioni e degli spunti per dibattere attorno alle questioni più stringenti del mondo del libro e confrontarsi con autori e lettori.

Seguite i nostri post: Egregio Editore è vivamente consigliato!