sabato 18 ottobre 2014

Tecniche di composizione di un romanzo. Piccoli consigli a chi ha la malsana idea di fare questo mestiere


di Frank Iodice. Scrivere storie vuol dire creare dei mondi paralleli, vivere costantemente da qualche altra parte fuggendo il reale e le regole imposte. Se scegli di dedicare la tua vita alla letteratura, sei sicuro di non avere altra scelta, lo farai per un'esigenza che non si può insegnare, per un bisogno profondo di libertà. Raccontare storie, dunque, può renderti libero. Ma a quale prezzo? Vivrai costantemente alla ricerca di qualcosa; non parlerai più di te stesso, ma dei tuoi personaggi; non porrai più la tua felicità al primo posto, ma quella degli altri.

Narrare non è soltanto un mestiere ma un modo di essere, che ti porta a diventare neutro, a mettere in secondo piano te stesso e a concentrare la tua attenzione sugli altri vivendo tante vite in una sola vita. Naturalmente non potrai raccontare tutto quello che ti passa per la testa senza assumertene le responsabilità: scrivere comporta sempre delle responsabilità. 
Molti non hanno ben chiaro il perché iniziano: talvolta per sfogarsi, talaltra per vantarsene. Si scrive per sentirsi meno soli, per ritrovare se stessi e per tante altre motivazioni che ti elencherà più dettagliatamente il tuo analista. Ma lo farai anche – e soprattutto – perché ti piace.
Sii sempre gentile; la gentilezza è la virtù dell’autore maturo; l’autore pivello non ne è provvisto, annaspa da un’idea all’altra con l’ansia di creare senza curarsi degli altri. Non è giusto e non è neanche corretto trattare male chi sta dall’altra parte. Un rispetto tacito è dovuto sia ai personaggi che ai lettori; non puoi prenderli per il culo!
Lo stesso vale per le tematiche che affronterai. Per descrivere un malato di Alzheimer, studia questa malattia e i comportamenti di chi ne è affetto; per parlare di amore, devi aver amato qualcuno; e per ambientare una scena a Praga, dovresti esserci stato... Un romanzo è anche un mezzo per insegnare, al pari di un testo didattico; chi lo legge si aspetta di conoscere qualcosa di nuovo su una città e non di trovare le informazioni stradali disponibili all'ufficio del turismo! 
Se scegli il mestiere di scrivere, rischierai di patire la fame perché, finché non sarai riconosciuto, non guadagnerai nulla. La tua famiglia, tua moglie, gli amici, cercheranno di convincerti a trovare un altro impiego, più redditizio, più sicuro. Sarà frustrante, ma se sei testardo, se hai tenacia e un po' di incoscienza, riuscirai a non ascoltarli. Se senti di non saper fare altro, di non poter rinunciare, allora fallo!, fregatene di quello che ti dirà la gente. Ma impara a distinguere le storie pubbliche da quelle private: le prime vanno mostrate, le altre, conservate. E se vuoi scrivere qualcosa la domenica mattina, giusto per perdere un po’ di tempo, lascia stare! Non esistono scrittori della domenica. Chi scrive un romanzo non si concede pause, anche mentre dorme sta lavorando, mentre cammina, mentre fa l'amore; la vita stessa diventa letteratura, perché la vera letteratura è fatta di vita, di emozioni reali, non soltanto di parole; decine di persone diventano un personaggio; mesi e mesi di conversazioni incompiute e ascoltate distrattamente per strada diventano un dialogo che abbia un senso. E, riguardo al senso, cercalo in tutti i cassetti ogni volta che scrivi un romanzo: è la cosa più difficile da trovare, sia in letteratura che nella vita reale.
Scegli sempre le parole giuste, a costo di impiegare una notte intera per trovarne soltanto una; non usare troppi aggettivi: sono preziosi, cari, vivi, evocativi, fondamentali... lo vedi!, la lettura diventa noiosa già dopo il secondo!; evita i luoghi comuni, sono fatti per chi non ha idee feconde né buone fantasie; perché parlare con frasi fatte!, cerca di non utilizzarne, anzi, reinventane; tieni sempre a mente chi sa cosa; e di’ sempre la verità ma come se fosse una bugia... Vale a dire, dalle il fascino delle bugie, benché sia tu che il lettore sappiate che si tratta di bugie fittizie.
Quando si parla di scrittura, talvolta si dimentica di specificare cosa si scrive. Nei blog letterari leggerai spesso: io scrivo, io sono, io ho vinto, io, io, io... Lascia che ti dica una cosa, io: dovrebbe essere la storia a interessarti e non la tua immagine allo specchio mentre la crei. Dimenticati della nozione di genere; sdoppiati, immedesimati nei personaggi maschili e femminili per parlare, muoverti e pensare ogni volta in un modo nuovo. E quando avrai qualcosa di bello da raccontare ai tuoi amici, l'attribuirai a quella certa persona mai esistita, che una volta, tempo fa, te l'ha raccontato. Gli amici non sapranno più distinguere la tua vita da quelle inventate nei tuoi romanzi. I meriti, quelli lasciali ai cantanti, e anche le mogli stupide e appariscenti. Una donna saggia saprà stare al tuo fianco, non sarà cosa facile: dovrà saper aspettare in un letto sempre freddo, ascoltare le tue voci, vivere costantemente con tanti uomini, tante donne nella stessa casa, ma a volte sentirsi irrimediabilmente sola perché nel silenzio generale della notte soltanto il fruscio delle tue carte sarà sufficiente a tenerla sveglia; eppure anche lei sarà un po' folle a modo suo perché, senza, non saprebbe più vivere.
Lo scienziato scopre, il poeta sa. Chi scrive un romanzo è un poeta con più pazienza e miglior memoria. Ma deve saper essere anche scopritore di mondi e di scienze esatte. Sii onesto con te stesso; non credere a chi ti lusingherà dopo il tuo primo lavoro affrettato, ma continua a rileggerlo fino alla nausea, fino a quando tutto sarà al suo posto… Le finte case editrici pubblicano finti romanzi: stanne lontano, per te sarebbe grave, gravissimo, perché i lettori non si fiderebbero più, neanche quando avrai sgobbato per altri dieci, venti anni, e il tuo romanzo sarà pronto. Il miglior giudice di te stesso sei tu, per cui, prima di pubblicare guardati a lungo nello specchio.
Abbi il coraggio di dire a coloro che non sanno aspettare che bisogna che la smettano di farsi i pompini a vicenda snobbando le case editrici serie, che rifiutano i loro libri, perché, se finora lo hanno fatto, avevano le loro buone ragioni. Sappi che il novanta per cento dei manoscritti che arrivano nelle case editrici non sono affatto storie ma soltanto auto-erotismo letterario, fiere della vanità o elenchi delle migliori e immaginarie prestazioni erotiche; e questo non lo dico io ma professionisti intervistati da riviste specializzate (un esempio, Paola Gallo dell'Einaudi in un'intervista su "Sul Romanzo").
Forse hai paura di non poter vivere di sola scrittura. È una paura che hanno gli altri: tu non badare a loro. E non credere, giovane autore, che ciò sia impossibile, come vogliono convincerti gli amici della tecnologia, interessati a promuovere i nuovi gingilli e le autoproduzioni – troverai quegli stessi individui tutti i fine settimana in riva ai laghi artificiali a pescare trote in cattività! –. Sappi invece che vivere di sola letteratura è possibile: basta mangiare molto poco per molti anni. Se la tua passione è divorante e non esiste nient’altro che davvero ti importi, quel poco di cui ti accontenterai ti renderà molto più ricco degli introiti milionari cui ambiscono i pescatori di trote.
Fa' un'analisi attenta dell'animo umano, è di questo che ti stai occupando mentre scrivi un romanzo, in una forma o nell’altra, e osserva continuamente e profondamente tutto ciò che ti circonda.
L'osservazione si dipana su diversi piani: il piano fisico, rappresentato dagli uomini e dai loro gesti, dagli oggetti, dalla natura insomma; il piano morale, rappresentato dal perché tutto ciò esiste; e il piano filosofico, in cui ti chiedi come potrebbe diventare ogni cosa se la descrivi in un certo modo, se la osservi sotto un certo aspetto. Analizza i meccanismi che muovono le persone e le cose, sempre, e non solo nella loro forma fisica ma in quella psicologica; chiediti il perché di ogni avvenimento, sii curioso, sii maniaco dei movimenti e dei suoni, nutriti dei gesti altrui, di ogni più piccolo tremito, perché potrebbe essere l’elemento mancante nella tua storia; scava a fondo ogni questione, ogni perché ne contiene altri e poi altri ancora. I bambini lo sanno bene, non fanno altro che chiedere il perché, e poi, quando crescono, viene loro insegnato a tacere. Beh, se sei uno scrittore, ti rifiuterai di tacere, vorrai restare bambino, altrimenti le tue pagine saranno mute, piene di belle parole ricercate, ma mute come pesci, anzi, come trote. 
Luigi Pirandello ti direbbe: davanti a una scena che all'apparenza è divertente, come una donna molto anziana con un paio di jeans attillati e un make-up eccessivo, non soffermarti a una prima osservazione, soltanto i superficiali ridono prima di pensare, tu chiediti invece perché quella donna si è conciata così. Scopri i suoi abbandoni, le sue sfortune saranno tue, te ne farai carico, non puoi sfruttare un’immagine senza pagare un prezzo; il fotografo la ruba, il pittore, forse, ma tu dovrai viverla, e per viverla non basterà osservarla il tempo di uno scatto. Sarà il passato della vecchia signora truccata da ragazzina a darti la chiave d’accesso per la sua storia: le parole giuste non sono mai sotto gli occhi, devi scavare e sudare per trovarle; e scavare vuol dire scavare nel passato, non nel dizionario. Il pittore dipinge osservando, lo scrittore invece scriverà ricordando il passato di un personaggio, che è la parte più importante della sua vita: le emozioni migliori sono quelle che sopravvivono nel ricordo.
Non perdere troppo tempo a studiare le tecniche di composizione. Rischi di dimenticare che scrivere è comunque una sorta di magia perché dove non c'era nulla all'improvviso appaiono le tue parole.
Se ti risulta difficile spiegare come si compone un romanzo, sarà perché la finzione è imprevedibile come la realtà; l'unica differenza è che negli avvenimenti reali non sempre c'è un finale preciso come in un libro. Nella vita, a dire la verità, la fine è uguale per tutti, e forse è proprio per cambiarla che tu cercherai di scrivere un romanzo, di dargli altri finali meno schifosi della morte, oppure altre morti meno schifose della tua, con la vana illusione di posticiparla.
Puoi provare a inquadrare il romanzo in un genere letterario distinguendolo dal racconto per via del numero dei personaggi o per la sua lunghezza, come si suol dire, puoi creare una scaletta degli avvenimenti, definire una trama precisa dall’inizio fino all’epilogo passando per il classico sconvolgimento della tranquillità quotidiana e per il suo ritrovamento, o giocare con l'intreccio, o forse puoi acquistare strumenti di alta precisione in qualche cartoleria alla moda, ma capirai che una vera regola in questo lavoro non esiste: sei libero, li-be-ro, cerca di mettertelo in testa, so che non è facile perché di gabbie te ne sei costruite tante, non facciamo altro che costruircene... Ma se decidi di fare questo mestiere, sarai libero di costruire un testo nella maniera che più ti piace. Forse ci sono piccole astuzie, espedienti che non sono universali, non riguardano il romanzo inteso nella sua totalità, ma soltanto certi suoi aspetti, e col tempo imparerai a giocarci. 
Ne elencherai alcuni per non dimenticarli. Eccoli:
La struttura del testo e la cornice narrativa. La scelta del narratore e del suo rapporto con i protagonisti determina il tipo di atmosfera. Per ogni storia esistono innumerevoli maniere di raccontarla e di contestualizzarla. Sarà la voce del narratore a cambiarla e insieme a lei cambierai un po’ anche tu. Ogni volta che incomincerai un nuovo romanzo sarà come rinascere, entrare in una nuova pelle, firmare un nuovo contratto di lavoro, tutti ben remunerati, tutti a tempo indeterminato, fino alla tomba. No, non c’è prezzo per quello che proverai all’inizio di una nuova storia, nel momento in cui capirai che di una nuova storia si tratta. 
Il registro e la punteggiatura possono essere sempre diversi, reinventati in ogni romanzo. José Saramago usava soltanto una virgola per introdurre il discorso diretto. Adesso sei ancora convinto che dopo una virgola sia vietato usare la lettera maiuscola?!, oppure che dopo un punto esclamativo non si possa inserire una virgola?! Sei tu a insegnare al lettore la tua punteggiatura, bastano poche pagine; ricorda che il lettore non è stupido, anzi, il più delle volte è più intelligente di te e, se finge di non capire, è solo per farti un piacere. Cerca un’intesa, una logica tua che diventerà vostra. La punteggiatura è la mano che l’autore tende al lettore, il patto che li lega fino alla fine, dove c’è sempre un punto.
Ci sono parole che lascerai immaginare e che non scriverai, talvolta saranno più importanti di quelle scritte: chiamerai queste parole "il non detto". Alcune parti del testo, le parti grigie, non contengono nuove informazioni e servono a prolungare la suspense o a conferire maggiore importanza ad altri passaggi più importanti. Queste parti contengono tante parole che sembrano inutili, messe lì per riempire l’attesa. Ma non è così: ogni più piccola parte del tuo romanzo è lì per una ragione, ogni parola non potrebbe trovarsi da qualche altra parte. E per quanto riguarda le parole non dette, vale lo stesso: ricorda che le parti più interessanti dei romanzi di George Simenon a volte sono proprio quelle in cui il lettore si chiede come si chiami sua moglie, che aspetto abbia; è spesso nominata di sfuggita e mai descritta completamente.
Capirai quando l’esitazione ti farà scegliere le parti da omettere. E se hai qualche dubbio, cancella! Cancellare è sempre la parte più importante di questo mestiere. Se non lo fai, se conservi tutto, sarà come proporre un intero negozio di gioielli a un povero cristo che sta soltanto cercando l’anello per la sua fidanzata. Il buon venditore deve rischiare e proporre solo una parte della sua merce. E se si tratta di gioielli o di cianfrusaglie, sarà il cliente a deciderlo.
Studia l'inquadratura delle scene, è una specie di lavoro di montaggio; immagina di puntare una telecamera dall'angolatura che preferisci. La scelta del punto di vista è fondamentale. Potrai raccontare la stessa storia da prospettive completamente differenti, dagli occhi dell’assassino o da quelli della vittima, o ancora da quelli del passante distratto che assiste alla scena con distacco; ma non scegliere a caso, segui sempre quel certo istinto che devi pur avere, perché questo, ormai ti è chiaro, è un lavoro per metà istintivo.
E infine, l’ultimo espediente della tua lista: il mistero, che devi imparare a dosare. Per essere misterioso non negare informazioni ai lettori ma ai protagonisti stessi. Il lettore non ne soffrirà, loro, invece, sì. Ma ciò non significa che potrai giocare con loro per sfogare la tua frustrazione sessuale! I personaggi non sono topi in gabbia e tu – meglio chiarirlo a te stesso prima di metterti a sedere – non sei il dio di nulla. Ti sorprenderai a scoprire che, mentre credevi di fare di loro ciò che volevi, saranno stati i tuoi personaggi a fare di te un babbeo senza nessuna alternativa. E allora l'unica cosa che saprai fare sarà incominciare a scrivere una nuova storia. Se ce l'hai già in mente.


3 commenti:

  1. Interessante, ma opinabile.

    RispondiElimina
  2. > e per ambientare una scena a Praga, dovresti esserci stato...

    Insomma, in un romanzo dichiaratamente neorealista, forse... com'è noto Salgàri ambientò le sue storie di maggior successo in luoghi esotici e remoti che non vide mai, non essendosi mai mosso dall'Italia. Eppure, mi pare che il risultato sia stato più che lusinghiero. Parafrasando quanto detto dall'autore dell'articolo su Pessoa e la punteggiatura verrebbe quindi di chiedere: adesso sei ancora convinto che per scrivere di Praga bisogna esserci stati?! Senza contare che un luogo può essere ricreato, rielaborato, trasfigurato dalla propria immaginazione, perfino dalle proprie nevrosi, magari, e chi può dire che alla fine il risultato non sarà di un realismo che trascende la stessa realtà, arricchendola in maniere imprevedibili? In fondo, non è proprio questo il significato letterale di "surrealismo"? E poi, uno farebbe lo scrittore per "fuggire il reale e le regole imposte", solo per ritrovarsi inchiodato a quella stessa realtà da cui cercava di sottrarsi e a quelle stesse regole iperrazionali..? (se scrivi di amore devi aver amato: e se uno che non ha mai amato scrivesse d'amore proprio per poterlo finalmente conoscere, e riuscisse pure a trasmettere qualcosa di autentico, da tutta un'altra prospettiva, anche a chi invece lo ha già conosciuto?) Il romanzo come "testo didattico".?! Deprimente, a dir poco. Perché voler incasellare così rigidamente il Potere della letteratura, del testo immaginifico? La pretesa di voler insegnare qualcosa agli altri, poi, mi sembra quanto mai tracotante e in fin dei conti assai controproducente negli esiti. Ognuno, leggendo, può ricavare da un testo ciò che è nelle sue corde, ciò che gli possibile imparare dall'altro che scrive ma non perché quegli l'abbia scritto con quell'intento "didattico" che vorrebbe l'autore di queste righe ma perché ognuno è maestro a sé stesso, e l'Altro non è che uno specchio che ci rimanda la nostra stessa immagine riflessa. E a ogni riflesso, quando va bene, possiamo cogliere qualche particolare in più, aggiungere un altro tassello, qualcosa che ci riconduce inevitabilmente a noi stessi. L'Altro è solo un "detonatore", colui che fa sprizzare la scintilla. Ma l'alimento del Fuoco dobbiamo essere noi, altrimenti rimane l'Autore da una parte, assiso in cattedra con la bacchetta in mano, e dall'altra il piccolo lettore che pende dalle sue pagine. Questo modo di vedere la scrittura potrebbe intitolarsi "la letteratura secondo un ragioniere"... (senza offesa per i ragionieri, che poi magari in segreto coltivano la passione per una scrittura surrealistica! :D); il bello è che poi si fa i "permissivi" sulla punteggiatura, quando sulla sostanza si è stati di una rigidità da fiscalisti! Meno male che poi almeno si parla di "magia" dello scrivere, sennò c'era da preoccuparsi..! :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Se legge i miei articoli di scrittura creativa con attenzione, la prima premessa che faccio è che io non ho nulla da insegnare a nessuno. Tutti i libri hanno valore pedagogico in sé, perché ognuno vi trova le risposte di cui ha bisogno.
      La ringrazio comunque per la gentilezza e cordialità con cui esprime le sue opinioni.
      f.i.

      Elimina